Dal Catalogo - Confini di carta

SINE LIMINE
di Manuela Conciauro

Il confine traccia una dipartizione netta tra noto ed ignoto, familiare ed estraneo, appartenenza e indifferenza, ma quando è di carta comprendiamo quanto labile sia il distacco, quanto sia contraddittorio un limen così leggero e giocoso.
"Confini di carta", due termini in potenziale antitesi accostati tra loro, una decisa contraddizione in grado di tracciare uno schizzo fulmineo di Elisa Montessori, delle sue opere, della sua poetica.
Si tratta di una candida e fragile provocazione che invita a sostare, osservare e riflettere sull'essenza di una produzione assolutamente scevra dall'hic sunt leones ovvero da quell'impossibilità di varcare il confine noto, per avventurarsi oltre, sporgendosi su qualcosa d'altro. Montessori si diverte piuttosto a stare in sospeso tra due e più mondi, due e più dimensioni, perché è un'artista di frontiera che sta al limite e nel limite, al confine e nel confine.
La finis terrae è per Montessori sprone all'indagine, il principio della ricerca che non ristagna mai in un incasellamento sterile, ma si rigenera e duplica in una doppia natura che la completa e la definisce.
L'artista stessa dichiara le molteplici nature del suo essere tra pittura e disegno, tra olio e acquerello, tra velature leggere e segni graffianti. Nella medesima maniera il suo astrattismo indugia sulla realtà, "inciampa" sui suoi dettagli e, erigendone monumenti, intona un inno alla quotidianità. In questo modo quel che tocca esiste e compare con tutta la sua essenza e dignità di cosa; il libro aperto che tiene fra le carte sulla scrivania in "omaggio a Su Lin", la teiera con la quale riempie puntualmente la tua tazza larga, bassa e leggera, il vermiglio del cappellino che le hai visto sul capo il giorno che l'hai conosciuta, il vecchio stereo che diffonde le note di Sciarrino…
Montessori è una wen-jen ovvero una pittrice-scrittrice che delinea e narra i paesaggi mistici orientali, i suoi pennelli hanno il manico di bambù e lasciano lunghe scie di china, ma la gestualità, il segno, sono occidentali, europei, informali così come avviene nella sua "Passeggiata del mandarino". Ma questa apparente inconciliabilità tra due mondi lontani non le impedisce di trasmettere attraverso il segno, il cinese ch'i-yun shengtung e cioè la risonanza dello spirito che pervade la natura attraverso l'arte intesa anche come classica mimesi di cui riproduce le sembianze e le sensazioni.
Nella vita e nella produzione di Montessori convivono alla stessa maniera e con la medesima forza, la chaise longue in pelle nera di Le Corbusier, perno del suo studio in via della Lungara, e il fiore di loto, simbolo dell'assoluta perfezione spirituale in Cina. Così la "Finestra di Primavera" si riallaccia alle famose porte di luna che inquadravano i giardini cinesi, veri e propri microcosmi specchio del macro; anche con questa opera si attua l'ennesimo crollo del confine ribadendo l'unione tra le opposte dimensioni: cielo e terra. Per giungere alla perfezione l'artista abbatte i confini e sfocia nell'oltre attingendo a piene mani da questo giacimento d'ispirazioni.
I suoi confini di carta divengono origami, farfalle di carta di riso, capolavori di bellezza, perfezione e levità, trasformazioni continue e concrete della materia, superamento perpetuo del limen.

 

LO SPAZIO DEL BILICO
di Giulia Ingarao

Elisa Montessori ama la libertà dell'ibridazione che sperimenta attraverso giochi combinatori. Il suo interesse per le relazioni tra gli elementi la spinge a creare collage di immagini e materiali che costruiscono una geografia dell'indistinto dove non serve sapersi orientare.
I supporti scelti hanno un'importanza determinante: la mappatura del fantastico disegnata da Elisa Montessori si muove inquieta tra carta di riso, carte nepalesi, inglesi, rotoli di carta catramata, cartone ondulato, fogli pentagrammati o già scritti.

Il fantastico che abita le opere di Montessori, come spiega l'artista, non allude ad un mondo di fantasia ma suggerisce un'alternativa dissolvente alla realtà, un interrogativo aperto e mutevole.Il suo segno germinante e capriccioso si muove con elegante semplicità, colma lo spazio per fermarsi poi davanti al silenzio del vuoto. Leggerezza, trasparenza, dimensione aerea e celesteraccontano della sua attenzione per l'intermittenza, la pausa, l'ascolto, quella poetica dell'assenza che guarda all'oriente e alla quieta circolarità del suo orizzonte.
Nella serie dei Capogiri: lunghi rotoli di carta catramata impreziositi da monotipi, disegni e pittura ad olio su modello dei kakejiku giapponesi, teste nere, dorate e azzurre rotolano attraverso un fitto tappeto di segni. I Capogiririflettono l'assenza di coordinate spazio-temporali: un vortice di elementi cromatici altera ogni possibile gerarchia o logica interna a favore di un fluire che travolge. «È uno sguardo vertiginoso che corre e si insegue - spiega Elisa Montessori - non si sa mai dove guardare».
La stessa vertiginosa caduta attraverso la terra dell'Alice di Lewis Carroll che, ormai estranea alle coordinate del convenzionale sistema di riferimento, si interroga: «Mi chiedo se attraverserò tutta la terra! Come sarà buffo sbucare dove la gente cammina a testa in giù».

A questa mostra palermitana dedica il suo secondo esperimento di collaborazione con la musica: un libro di immagini che trasporta su fogli bianchi (42 x 30 cm) l'opera "Lohengrin. Azione invisibile per solista, strumenti e voci (1982-84)" del compositore siciliano Salvatore Sciarrino. Rivisitazione del dramma romantico composto da Richard Wagner e presentato per la prima volta a Weimar nel 1850. Il soggetto del Lohengrin di Wagner è tratto da uno dei poemi cavallereschi scritti da Wolfran von Eschenbach: Lohengrin figlio di Parcival, eroe di questo poema fondato sulla tradizione del Santo Graal, lotta per difendere l'innocenza di Elsa di Brabante.
Sciarrino basa la sua composizione sul testo rielaborato da Jules Laforgue e inserito nelle fiabe in prosa "Moralités Legendaires" (1887) col titolo "Lohengrin figlio di Parsifal". Il compositore siciliano inverte le due parti dell'azione e, alterando la consequenzialità, determina un'atmosfera d'incertezza, di sogno.
Elisa Montessori coglie proprio questo chiarore onirico che contraddistingue l'opera, scegliendo il bianco e il nero per raccontare senza prevaricare. È il silenzio dell'opera di Sciarrino che ha sentito affine alla sua pittura: "un silenzio strutturante - spiega Elisa Montessori - una presenza che si impone come la pagina bianca".

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