Dal Catalogo - Minimo ingombro

MINIMO INGOMBRO
SETTE ARTISTI E UNO SPAZIO NON MONUMENTALE

Nella condizione cosiddetta post-moderna degli anni '80 i '90, in cui il tanto usato prefisso post sarebbe più utile assumerlo come il segno di un passare oltre le avanguardie, che di un semplice venire dopo, nella misura in cui indica I 'aggiramento anziché il necessario e continuo aggiornamento, l'arte, nell'impossibilità vera o presunta, di correre in avanti, torna a guardarsi alle spalle, praticando apertamente la inattualità di forme e mezzi consegnati a suo tempo alla memoria museale o privata.
 
All'inventare si sostituisce il rifare. nei modi apparentemente antitetici della citazione e della regressione; citazione colta dei capolavori del passato, regressione naive alla preistoria personale; sembra ripetersi, insomma, alla fine di questo XX secolo, la stessa congiuntura che si era prodotta nei primi decenni del XVI secolo, quando i valori dell' Umanesimo rinascimentale, portatore di una coscienza palingenetica dell'uomo, cedettero il passo agli stravolgimenti linguistici ed etici della maniera. Se c'è una formula che può racchiudere le diverse cifre con le quali il post -moderno sigla la sua presenza nel campo della cultura artistica, questa è appunto la nuova maniera, in grado (li comprendere tutti quei movimenti e tendenze che negano. contaminano o relativizzano il dettato delle avanguardie, così come il manierismo ha stravolto e svuotato i principi di ordine organicità ed equilibrio dell' arte rinascimentale. Ora sì tratta di discernere chi sta al di qua o al di là di un ipotetico confine, non per spirito di emarginazione naturalmente, ma piuttosto per capire se realmente vi sono forze che hanno la forza di propositive spinte in avanti. L'intimismo privè dei molti non guasta - e non ha mai guastato -a coloro che tentano, si confrontano e rischiano sui terreno della novità. I minimi ingombri di questi sette artisti sembrano vogliano essere delle novità,ma è pur sempre un rischio parlare di nuovo tout-court, in quanto, loro, geneticamente nutriti dal fondo seno delle avanguardie e non, appaiono impossibilitati a disconoscerne la diretta filiazione.

Allora novità in quanto preparati psicologicamente all'azzardo, al rischio di essere presi o per astuti manipolatori (lei loro padri o per folli giocolieri visionari. Fermarsi ad una mera e semplicistica elencazione di combinazioni o scoprire le proiezioni altre delle loro opere? Scoprire è allora affermare, soprattutto la libertà del fare arte in modo autonomo al di fuori (li ogni presunta situazione a specchio. Ora, in questa realtà in cui la scelta dell'ingombro è anche, in nuce nel loro operare, appare di fondamentale importanza etica l'opzione antimonumentalistica delle opere esposte in questa mostra.

Miguei Ausili tratta il marmo con i media di sempre, domandolo alle proprie intenzioni che affondano nel suo inconscio di uomo - scultore; non a caso di pietre - sculture si tratta, in cui le iiiodulazìonì spaziali, i vuoti emblematici, la politezza delle superfici, la scabrosità dei confini parlano di materia mater e di arcane allegorie.
L'insistente simbologia del triangolo che si presenta come forma - marmo, foro o inserto extra - marmoreo, è un punto di arrivo e di partenza della sua ricerca, i cui significati sono profondamente radicali nella nostra memoria e che vede il triangolo canicarsi di valeiize ora magiche, ora spirituali, ora materiche in un continuo rimando onirico e ancestrale. Di sognante appagamento appaiono le argille di Martin Emschermann. Già il plasmare con le mani è un ritorno alla preistoria della scultura, quando ancora il concetto di monumentalismo era lontano dalla mente degli uomini: la grande pietra era là immobile e senza tempo; il modellare la creta iniziò invece a far avanzare il tempo. Così la produzione di Emschermann si proietta in avanti nonostante le apparenti immagini di un passato quasi remoto, e non scomparso completamente, di un uomo antico che proietta la sua vis su noi contemporanei, aprendoci ad una visione forse nascosta di noi stessi, una visione impregnata dalla stimmung, da quella particolare e profonda emozione imbevuta di malinconia e di mistero.
      
Certo che di mistero italico si deve parlare delle opere di Emanuele De Reggi, uno scultore che ha il coraggio di ripercorrere e ricollocare in ambito contemporaneo, nel senso plastico del termine, la classicità del fare scultura. Queste tre piccole realizzazioni in mostra, portano il segno di quel realismo magico che informa molta della produzione artistica italiana di questo secolo. Un realismo che muove da considerazioni intimistiche ma, comunque, aperte al collettivo: i suoi sogni sono i nostri sogni che si materializzano lentamente nell'antico processo del plasmare la terracotta o del fondere un bronzo. La figura della donna racchiusa èun'immagine aperta a quel pathos emozionale nascosto che a noi uomini di fine secondo millennio ci è stato carpito dalle icone stroboscopiche di una donna supermarkettizzata: allora la visione-donna diventa quel concreto appiglio a una riqualificazione e rivisitazione emozionale del nostro sentimento.     
saino
A. Saino, Accoppiata vincente, 1998

Di sottili simbologie e sorprese parlano le opere di Anne Clémence de Grolée, la cui fluida -e poi solida - materia si accomuna a particolari objets trouves: piccoli contenitori di latta che si fanno guscio di nuovi momenti significanti. La cera fusa è un mezzo - e pretesto- per affogare e far emergere frammenti di passioni: aprire un ex bollitore è un piacere che porta a sottili e libidici desideri nascosti e mai sopiti del tutto, in un continuo gioco di ammiccanti rimandi. Rimandi d'azard che coinvolgono anche le opere di Alfredo Saino, un abile manipolatore di oggetti kitsch che acquistano significati dissacratori, ironici, ed evocatori. Amor sacro e amo, pro/ano non è più quei gioco sottile di nascoste simbologie a cui tanti illustri studiosi hanno sacrificato cospicue quantità di materia cerebrale, ma è il campo di un gioco in cui il vizio e la virtù appaiono palesemente nude agli occhi di tutti. Allora il cercare cose banali e accoppiarle diventa il pretesto per decontestualizzarle dalla monotonia onnivoro - consumistica, dando loro un'anima che a sua volta viene a turbare le nostre certezze in stereotipate simbologie.
Nude sono pure le strutture di Luciano Gaglio, portavoce di riappropriazioni meccaniche in disuso. Le colonne, gli pseudo obelischi - aggregazioni minimali e minime - alludono ad una scoperta - reperto=relitto - che subisce un trattamento sublimizzante nato da una precisa scelta etica, in quanto dall' ammasso ferraglioso e caotico del rottamaio, si passa ad un nuovo ordine razionale che punta ad un cosmo rinnovato pronto a sopraffare un certo caos mentale e materico: una precisa volontà riformatrice che punta ad un più alto sistema, in cui l'uomo possa disporsi, non tanto su gerarchie verticali, ma piuttosto su orrizzontalismi meritocratici.
Vera materia materica è la pietra di Manlio Geraci, uno scultore che anticipa il formarsi della forma nel processo formativo della stessa. Un blocco stereometrico racchiude in sé una serie infinita di micro forme che nell'aggregazione ci appaiono saldamente unite e vestite dalla levigatczza delle superfici. Ora, liberare la forma che la pietra racchiude è sempre stato il rovello principale degli scultori; Geraci, invece, libera le forme dandoci piena coscienza dell'organicità della materia stessa, in cui la vita pulsa anche se per finzione è scolpita.
Sette interpreti, infine, di un fatto che si ripete da migliaia di anni e che, per altrettanti, segnerà il percorso dell'uomo.

(Antonio Benemia)

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