nonluogo a procedere | Marcello Buffa

 

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Marcello Buffa
nonluogo a procedere
12 ottobre - 24 novembre 2018

Marcello Buffa torna dopo undici anni, con una personale, alla galleria Nuvole. Il pittore palermitano da qualche anno porta avanti una ricerca che affronta il paesaggio urbano e la costruzione dello spazio, con una nuova grammatica della pittura. 

 Nonluogo a procedere, titolo della mostra, è una selezione di queste nuove opere con le quali Buffa si avventura in un intenso, e anche giocoso, corpo a corpo della pittura con la storia dell’arte e con l’architettura. 

 Nel 1992 l’antropologo francese Marc Augé, nel suo testo Non-lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité,  conia il neologismo nonluogo (non-lieu) per definire i nuovi luoghi tipici della modernità del mondo occidentale. Qui, invece, la pittura reinventa il non-luogo e lo ricrea attraverso uno stravolgimento elaborativo e un gioco di rimandi con la pittura di tradizione. 

La sfida è quella di ristabilire, tramite il processo pittorico, i legami con la nostra storia collettiva.  La parola degli antropologi e dei sociologi lascia quindi il campo alla pittura, che si alimenta di immagini e immaginazione, per svelare attesa, silenzio, desiderio, memoria. Lo spazio inventato dal pittore si avvera nello sguardo del fruitore, spazio e tempo si fondono in una ricerca di relazione. Non necessariamente dobbiamo conoscere l’identità dei luoghi dipinti: Milano, Palermo, Tokyo, Roma… è infatti proprio questa non riconoscibilità che può farci fare un salto dentro una dimensione nuova, accrescendo la nostra capacità visionaria.

 La mostra è accompagnata da un testo di Amalia Crisantino, storica e saggista, che pubblichiamo qui di seguito:

Anima luoghi
Ma esiste l'anima dei luoghi? James Hillman – a buon ragione annoverato fra i più irriverenti filosofi contemporanei – ha indagato il rapporto quasi erotico che lega una città ai suoi abitanti, indugiando sull'antica Grecia dove i crocevia figuravano sempre abitati da presenze soprannaturali che definivano l'indole di uno spazio mai amorfo. Le potenze apparivano sotto un albero o un monumento, sull'orlo di un pozzo o in cima a una montagna: l'energia del territorio si manifestava filtrata dalla concezione animistica secondo la quale tutto è vivo, e tutto ci parla. Una volta allontanata dall'ambiente in cui viveva, sembrava impossibile comprendere l'essenza umana. Si pensava che l'esercizio del pensiero fosse per molti versi dipendente dallo spazio-luogo abitato nel tempo, perché lo spazio è la modalità principale dell'essere nel mondo.

La Terra aveva la sua energia viva, palpitante. Mircea Eliade ha scritto che le culture sciamaniche avevano consapevolezza di come questa forza variasse da luogo a luogo: rispettare un territorio è anche proteggerlo nel tempo, quando nuove relazioni di senso modificano le percezioni. E l'anima dei luoghi? Hanno un'anima i luoghi naturali come le montagne, le foreste e i fiumi. Ma anche i luoghi abitati: una casa, una piazza, una strada. Forse a formare l'anima dei luoghi concorrono anche i sentimenti, i pensieri, le emozioni di chi li abita, di chi li ha vissuti generazione dopo generazione.
Scrive Hillman: prendiamo un paese meridionale, la facciata non è niente di speciale ma dentro si trova il cortile, il giardino protetto da alte mura, una piccola fontana. Quello è il dentro del luogo, dov'è celata una dinamica topografia interiore fatta di sentimenti e memorie che maschera l'inganno dell'utilizzazione banalizzante per spingersi dentro le cose, provando a dimenticare la ridondanza del consumismo. Cercare il dentro dei luoghi, e quindi contaminarli arrivando alla loro essenza per contrasto, per arbitrario accostamento: ascoltare la loro voce quando ogni cosa è celata nella profondità, senza metafore, o inesattezze o suggestioni, ricompone la frattura natura/cultura e ci conduce nel mondo dei sogni. Ma lo Spazio è personaggio di facciata.
L'anima di un luogo si intuisce da frammenti superstiti, dettagli all'apparenza incongruenti e invece prodigiosi nella loro forza evocativa. Le forme si collocano nello Spazio, determinano i luoghi, danno identità all'ambiente. Sembra tutto compiuto, in qualche modo rassicurante. Solo che al centro del divenire non ci sono i luoghi ma il Tempo, il fatale inquilino che di continuo annulla e riscrive lo Spazio. L'artista gode del sommo privilegio di andare avanti e indietro nel Tempo, confinato tra quattro mura può spaziare e intrufolarsi come meglio crede tra pieghe spaziali e attimi temporali attraversando l'anonimato della metropoli e l'insignificanza dei suoi non luoghi.

Nel nostro mondo globalizzato, soggetto a continue trasformazioni, il rischio è la perdita di senso e lo smarrimento diffuso. Occorre ripensare lo spazio dell'esperienza umana. Internet ha rimescolato vicino e lontano attraverso le possibili interazioni sganciate dalla realtà materiale, e i luoghi smarriscono la loro capacità di essere sistemi di riferimento per le azioni quotidiane: perdono la capacità di fornire solide basi alle identità personali. L'emergere di nuovi contesti globali ridefinisce l'esperienza di luoghi che per Antony Giddens si fanno sempre più fantasmagorici e irreali, dissolvendosi il loro potere di creare legami definitivi e condizionanti. Giddens scrive di luoghi fantasmagorici per indicare la progressiva compenetrazione di vicino e lontano che produce frammentazione, ed ha anche un impatto sulla dimensione temporale. Il passato è sempre meno una dimensione comune, il futuro è soprattutto un rischio e l'imperante presente cannibalizza ogni altro tempo. Compaiono nuovi scenari che mettono in discussione la dimensione principe dell'agire umano, lo spazio-tempo che ha contenuto ogni impresa. Mondi plurimi generati da mobilità e velocità rendono difficile la ricerca di un senso unitario, lo spazio fisico perde la sua compattezza per contaminarsi con eventi, relazioni ed esperienze distanti. Entra in contatto con mondi simbolici lontani, forse mai prima immaginati.
Nello sradicamento in cui si smarriscono i punti di riferimento spazio-temporale Simone Weil individuava la patologia dell'Occidente: proliferano i non-luoghi di Marc Augé, quelle ubicazioni anonime dove non si sviluppano relazioni identitarie e dove non esiste il passato. Ma il vuoto è negli occhi di guarda.

Nonluogo a procedere racconta attraverso una selezione di dipinti il tema del paesaggio urbano e della costruzione dello spazio. Quadri che si inoltrano in spericolate associazioni spaziali oltre che temporali dove la pittura delinea identità disorientate e ricrea frammenti di significato. La sfida ambiziosa coincide col ricostruire il senso smarrito del non luogo, e per mezzo della pittura trasformarlo ristabilendo i legami con la storia collettiva.
I non luoghi sono i nodi e le reti di un mondo senza confini. Popolano una dimensione sospesa in cui bisogni, esperienze, emergenze si incrociano senza mescolarsi, sono una terra di mezzo dove spariscono le identità. Gli spazi dell'anonimato si moltiplicano, ci assediano amplificando le solitudini. Nei quadri di questa mostra il non luogo viene creato ad arte mescolando due luoghi diversi dall'identità straripante. Non una fusione che avrebbe annullato ogni particolare dissonante ma un mescolare che conserva i frammenti. Assonanze arbitrarie che diventano materia appena creata. Poco rassicurante se accostata alla compiuta personalità di quadri e architetture che prestano il loro profilo nitido e forse pure usurato, prima di mescolarsi con l'altro contaminandosi nella tensione verso nuovi significati dove l'antica apollinea armonia appare per sempre smarrita. E se il complesso benedettino di Monreale compare più volte forse è perché sembra posarsi da estraneo sul territorio, col suo eccesso di significati ormai sconosciuti oltre lo stereotipo turistico: è il troppo pieno che trabocca sull'inconsapevole circostante, per questo pronto a mescolarsi e divenire un non luogo.

 

 

Biografia e curriculum

Marcello Buffa nasce a Palermo nel 1969. 

Molto attivo sulla scena cittadina e siciliana, ha partecipato alle prime tre edizioni della rassegna Il Genio di Palermo, 1998, 1999, 2000, sedi varie, Palermo, e a numerose mostre collettive tra cui: Atelier del Mediterraneo, con Marcus Luperts, 1992, a cura di Achille Bonito Oliva, Museo Civico, Gibellina (TP), Oltre, indagine della dimensione metafisica nell’arte del XXI secolo, 2004, Galleria Tondinelli, Roma, Meridiani Paralleli, percorsi di pittura a Palermo anni '80-2000, 2006, Museo Civico, Castelbuono (PA), Tutte le circonferenze hanno diametri simili, 2007, Zelle arte contemporanea, Palermo, L’esperienza inganna, l’apparenza insegna, 2012, Villa Bottini, Lucca, 2014, 2ème Biennale Internationale de l'Art Contemporain Casablanca, Un autre monde est possible, mais il est dans celui-ci, 2014, Casablanca, Ricognizioni. Dai Bocs Art i linguaggi del contemporaneo, 2017, BoCs Art Museum, Cosenza. Tra le mostre personali: A occhio e Croce, 1998, Palazzo Ramacca, Palermo, Von Angesicht zu Angesicht, 2000, J.F. Weishäupl Galerie, Bregenz (Austria), Le sirene non si spiegano, 2005, ARêA contenitore arte contemporanea, Palermo e  Anonimi e contrari, 2007, Nuvole, Palermo.

 

Rassegna Stampa

Giornale di Sicilia - 26-10-18 - Buffa, il luogo non è  sempre dove si vede

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