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Dal Catalogo - Minibaby

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“Minibaby”: un incantesimo grande
come uno spavento

«C'era una volta una bambina che aveva deciso di crescere.
Presto però si rese conto che non era affatto facile come credeva. Il sogno felice della sua infanzia tra bambole ed emozioni confortanti si trasformò, infatti, nel trauma dell'adolescenza tra distese di irti peli ribelli e metamorfosi anarchiche di forme. Così comincia la minifavola raccontata da Rita Casdia nel breve video "Minibaby".

Una favola liberamente tratta dalla realtà quotidiana, quella di ogni bambina che diventa grande, narrata in un'atmosfera ovattata da soavi suoni di carillon che preludono al sogno, ma che di fatto dischiudono l'esperienza di un incubo. "La favola in fondo non è altro che l'unione di un incantesimo con uno spavento", sosteneva Gesualdo Bufalino. E ogni spavento è una presa di coscienza di se stessi in un mondo troppo grande, soprattutto se visto dalla prospettiva ribassata di un bambino.

Nel video di Rita due grandi occhi increduli assistono così ad un susseguirsi di fenomeni inspiegabili, di cambiamenti incontrollati, che provocano la scissione netta tra la percezione di sé, e quindi l'anima, e il proprio corpo. L'unico rimedio per tentare di riconciliarli è il sogno, lo stesso sogno attraverso il quale Breton e compagni raggiungevano quel punto supremo dello spirito in cui si annullano tutte le dicotomie dell'esistenza. Il corpo della Minibaby si fa allora piccolo piccolo, si allontana dalla testa, dalla mente, diventa un cioccolatino peloso ma al contempo invitante: "mangiami" dice, come il biscotto magico che faceva crescere o rimpicciolire la Alice di Carrol. La grande testa di bambina allora mastica e ingoia il proprio corpicino, per risputarlo digerito e senza peli, proprio come dovrebbe essere. Adesso il corpo può far pace con la mente, e venire assimilato non più attraverso la bocca, ma attraverso lo sguardo, ricongiungersi all'anima attraverso gli occhi che ne sono lo specchio.
Rita mette in scena una vera e propria fenomenologia del corpo inteso come "non luogo" che anima il mondo e gli da senso, punto di incontro di tutte le prospettive possibili in cui si attua la percezione e l'esperienza.
"Se, riflettendo sull'essenza della soggettività, io la trovo legata a quella del corpo e a quella del mondo, è perché la mia esistenza come soggettività fa tutt'uno con la mia esistenza come corpo e con l'esistenza del mondo, e perché il soggetto che io sono, concretamente considerato, è inseparabile da questo corpo e da questo mondo. Il mondo e il corpo ontologici che ritroviamo nel cuore del soggetto non sono il mondo in idea o il corpo in idea, ma il mondo stesso contratto in una presa globale e il corpo stesso come corpo conoscente", (M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione).

La riflessione sul corpo, che sostanzia buona parte del percorso creativo di Rita Casdia, ritorna in quest'ultimo lavoro spostata sul piano percettivo infantile, mostrato nella sua ambivalenza tra realtà e sogno, tra favola e spavento. Già dall'allestimento stesso del piccolo video, inserito ad un metro da terra dentro una ministanza che riproduce lo spazio espositivo, si può cogliere l'invito dell'artista: bisogna rimpicciolirsi, mangiando il biscotto di Alice se necessario, per entrare meglio nella dimensione della favola raccontata, che poi appartiene a ciascuno di noi, fa parte del ciclo della vita, anche se magari non ce ne accorgiamo neanche, proprio perché crescere è naturale, quasi automatico. Sarà il mondo a dirci poi che siamo cresciuti!

Dal video le figurine filiformi che animano la storia si spostano sui muri della ministanza prima e della stanza più grande dopo, sottoforma di minisculture bidimensionali costituite da minuziosi e delicati intrecci di fili neri e gommosi come liquirizia. Una serie di cinque disegni, anch'essi piccoli, inquadra, infine, i punti salienti del racconto attraverso la freschezza del tratto e la semplicità compositiva, tratti distintivi di un lavoro che risulta sempre molto incisivo.

Crescere è un'avventura, avvincente e pericolosa, ti puoi soffermare nel sogno o perderti nell'incubo, sarà soltanto la giusta prospettiva a salvarti, ovvero la capacità di adattare lo sguardo ai cambiamenti a cui la natura ci sottopone. Bisogna quindi mantenere una mens sana dentro un corpo sanamente digerito per potere soggiornare liberamente in quella terra di mezzo abitata dal fanciullo che sempre vorremmo rimanere e l'adulto che sempre continuiamo a diventare».

Valentina Di Miceli

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