Giovedì, 16 Gennaio 2014 00:00

R/953 Della vita delle immagini

Giovedì 20 marzo (ore 18:00), la Galleria Nuvole presenta “R/ 953. Della vita delle immagini”, a cura di Giusi Affronti, mostra personale di Zoltan Fazekas: per la prima volta a Palermo si espone la decennale produzione artistica del fotografo ungherese. Muovendo dalla fotografia analogica documentaristica, dal ritratto partecipato, dall’utilizzo di immagini trovate nei mercati o appartenenti all’archivio di famiglia, Zoltan Fazekas sviluppa, sin dagli anni Ottanta, una ricerca incentrata sulle potenzialità dell’immagine fissa e in movimento (video digitale e, più recentemente, in Super 8). Lo studio della pellicola fotografica lo conduce alla frammentazione del soggetto e alla sua riproposizione in fase di post-produzione e montaggio: quella di Zoltan Fazekas è una narrazione che avviene attraverso la contrazione di spazio e tempo realizzata nella costruzione dell’immagine.  In una sperimentazione senza fine, a partire dalla tecnica avanguardistica del collage e del decollage di rotelliana memoria, Zoltan Fazekas abbandona la fotografia tradizionale (analogica e digitale) in favore di composizioni astratte e cut-up fotografici, fino alle più recenti e inedite elettrografie. Queste (stampate su carta fotografica, montate su lightbox o proiettate con lavagna luminosa) sono composizioni di immagini trovate dove l’estetica, il significante ed il caso sono dialetticamente in tensione.

La mostra, ad ingresso libero, resterà aperta fino al 24 maggio 2014 (da martedì a sabato, ore 11-13; 17-20).


Biografia. Zoltan Fazekas nasce nel 1969 a Budapest. Dal 1996 vive in Italia giocando da professionista a pallanuoto. Inizia a interessarsi alla fotografia negli anni ’80. Dal 2003 al 2006 partecipa al Festival Internazionale del Cinema di frontiera di Marzamemi col cortometraggio TEMACDWQ8 e la pubblicazione di alcuni suoi scatti sul Mediterraneo. Per lo stesso Festival, tra il 2007 e 2008, collabora nell’organizzazione della sezione cortometraggi, facendo anche parte della giuria. Nel 2006 presenta l’installazione Priolo in occasione della manifestazione “I veleni di Priolo”, presso la Camera Teatro Studio di Catania, a cura di Sebastiano Pennisi. Nello stesso anno, con un gruppo creativo indipendente, crea “La paura mangia l’anima”, rassegna nomade di video, radiodrammi, diaporami. In febbraio, alla Sala del Granaio della Fondazione Grimaldi a Modica, presenta la prima parte della mostra itinerante “Uscita d’emergenza”. Dal 2006 è presidente dell’associazione culturale “Cinecircolo L’eclisse”, aderente al Centro Studi Cinematografici. Dal 2006 collabora con il collettivo canecapovolto al progetto “Helmut Doppel”, “Presente Continuo (Lo stato dell’Arte),” “Praktisix (La vostra vista non è perfetta)”, “UMISIDIMAI”, esponendo alla Galleria Civica Montevergini di Siracusa, all’Auditorium-Fondazione Musica per Roma, Galleria Francesco Pantaleone Arte Contemporanea di Palermo, Galleria Gianluca Collica di Catania.

 

 

TESTO CRITICO a cura di Giusi Affronti

Lo guarderesti ore, senza mai stancarti, dissotterrare diapositive tra scampoli di terra e pietrisco, magari mangiando a grandi fette un limone lunare delle campagne di casa sua, vicino Acireale … Serbare, custodire e archiviare immagini per valorizzarle, per trasformarle – distruggendole – in un  eterno caleidoscopio di mondi possibili.

Nella fotografia di Zoltan Fazekas il supporto di registrazione non è radice della rappresentazione: si disfa attraverso processi d’azione artistica. Oltre a interrarle, il fotografo ungherese conserva le diapositive nel locale caldaia della piscina comunale di via Zuria, a Catania, dove lavora come allenatore di pallanuoto. Qui, per effetto dell’umidità, della temperatura dell’aria e di prodotti chimici per la depurazione e disinfezione dell’acqua (il cloro, per esempio), Zoltan Fazekas esaspera e sclerotizza l’incuria del tempo: i batteri della terra, le muffe, gli acidi e la ruggine accelerano il processo di dissolvimento e corruzione dell’immagine impressa. Cortocircuitare la decomposizione del supporto significa compromettere l’equilibrio statico dell’immagine fissa in favore di un rinnovamento dinamico, senza però una regia predeterminata. Quando il supporto va in malora e la pellicola trascolora in infinite nuance acide e boreali, l’immagine si libera, librandosi. Si dissolve lentamente la definizione del soggetto, la sua risoluzione e il contorno che lo disegna. I segni si sganciano dalle regole della mimesi e tornano ad essere arbitrari, astratti, secondo logiche imprevedibili e imperscrutabili. Le fotografie rinascono a nuova vita, suggeriscono narrazioni lontane; visioni oniriche si affollano e nuove suggestioni si annidano sui ricordi, sulla memoria personale o condivisa. Resta solo la reminiscenza della luce e del colore, souvenirs di un passato ormai dissolto e distorto, incapace di trattenere nel tempo un frammento di vita.

Muovendo dal ritratto e dalla fotografia analogica documentaristica, dall’utilizzo di immagini appartenenti all’archivio di famiglia o trovate nei mercati, Zoltan Fazekas sviluppa, sin dagli anni Ottanta, una ricerca incentrata sulle potenzialità dell’immagine fissa e in movimento (video digitale e, più recentemente, in Super 8). Lo studio della pellicola fotografica lo conduce alla frammentazione del soggetto e alla sua riproposizione in fase di post-produzione e montaggio: è una narrazione che avviene attraverso la contrazione di tempo e spazio realizzata nella costruzione dell’immagine. Zoltan Fazekas frammenta lo spazio della visione, lo affetta: è il tempo dell’immaginazione, sfumato nella luce fredda della sintesi, nel gioco del simbolo o dell’astrazione. In una sperimentazione senza fine, a partire dalla tecnica avanguardistica del collage e del decollage di rotelliana memoria, l’artista appende la macchina al chiodo, ne incementa le parti e abbandona la fotografia tradizionale (analogica e digitale) in favore di composizioni astratte e cut-up fotografici, fino alle più recenti e inedite elettrografie. Queste (proiettate con lavagna luminosa, stampate su carta fotografica o montate su lightbox) sono composizioni digitali di immagini trovate: Zoltan Fazekas non ritaglia né incolla ma rielabora l’archivio delle relazioni visive contenute nell’hard disk della sua memoria. Rigore della composizione, estetica, ironia e caso dialogano incessantemente in un gioco inesausto di metamorfosi da significante a significato.

Il tempo nelle fotografie di Zoltan Fazekas non è quello fissato nell’attimo dello scatto ma si ripete all’infinito, fino a trasformare le sue immagini in reperti. Nell’apparente indecisione tra reportage e costruzione, egli combina frammenti di vita propria con altri presi in prestito dall’ordinarietà quotidiana altrui. L’artista legge nel lampo di luce, vibrante, della pellicola fotografica il senso più intimo della sua storia particolare come simbolo di una Grande Storia universale: miscela l’emergenza del ricordo delle atmosfere della patria d’origine, l’Ungheria, con suggestioni squisitamente siciliane in un teatro vivente animato dal repertorio di personaggi e di luoghi che, di volta in volta, popolano il suo immaginario ...

Zoltan Fazekas è un cantastorie: di ieri, di oggi e di domani. La fotografia non è reportage; senza una storia da raccontare – vera o di fantasia – attraverso le centinaia di frames del suo archivio di immagini, la magia della fotografia non scocca. E allora resti lì, magari bevendo a piccoli sorsi un bicchiere di palinka, a immaginare storie come fossero canzoni a manovella, scandite dal fruscio e dal ritmo cadenzato degli scatti di un vecchio diaproittore … 

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