Martedì, 19 Dicembre 2006 13:39

Un articolo sulla ROMA, di Giorgio Ortona

Alessandro De Lisi
ROMA ritratta da Girogio Ortona
(«Quotidiano di Sicilia», 19 dicembre 2006)

PALERMO - Nel 1822 il pittore inglese John Constable dipinse centinaia di vedute del cielo, cercando di ritrarre le variazioni delle nuvole. Quei quadri costituiscono, ad oggi, la più profonda indagine sull'anatomia dell'aria, dove i cumuli delle nubi trasmettono con certezza plastica l'effimera condizione delle cose e degli uomini. Dal 1996, a Palermo, nel cuore del centro storico, proprio al fianco della cattedrale, negli spazi di Nuvole Incontri d'Arte in via Matteo Bonello 21, si cerca ancora la struttura della pittura, delle mutazioni della società e delle dimensioni del silenzio. Lo spazio crudo e raffinato della galleria delle Nuvole, nel decennale, dal 25 novembre al 16 dicembre, ospita la mostra di pittura di Giorgio Ortona intitolata a Roma. Ortona come Constable non sopporta i monumenti, proprio per il loro tentativo disperato di conservare la vita oltre il tempo umano, e si concentra, invece, sulla soglia della dissoluzione della metropoli urbana nel cielo. L'inglese del romanticismo guardava le nuvole, e nel ritrarle appuntava nel retro della pittura la posizione d'osservazione, l'orario e la direzione dello sguardo. Giorgio Ortona riporta l'indirizzo circoscrizionale del paesaggio ritratto, Flaminio, Nomentano, Grande Raccordo Anulare, cosìcché si possa rintracciare il luogo dello sfacelo. Le città offrono da secoli i soggetti agli autori, basti pensare a cosa fu San Pietroburgo per Dostoevskij oppure Los Angeles per Fante, Palermo per Sciascia, Milano per Buzzati e Catania per Battiato, ma Roma, infine, per Giorgio Ortona, è la vendetta della solitudine sull'arte. La periferia entra nelle stanze dei palazzoni di pessimo cemento e di pessimi arredi, cogliendo nella calura agostana uomini in canottiera e donne in camicioni, soli e sofferenti dei mali della città. La pittura e la poesia servono ad equilibrare la velocità del cinema e dei satelliti, rallentando la riflessione e svelando la struttura delle piccole cose semplici, ed anche a denunciare gli errori collettivi nel progettare l'ambiente. Questa volta la finzione della pittura è più onesta e precisa della verità degli urbanisti e dei politici impegnati, che volevano città giardino e che, con vergogna nostra, hanno creato luoghi come lo Zen ed il Corviale, Librino e Scampia, dove proprio non c'è tempo per il cielo e per le nuvole.

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