Dal Catalogo - Ruggero Savinio

"Soglia: oh, pensa che è, per due che si amano logorare un po' la propria soglia di casa già alquanto consumata anche loro, dopo dei tanti di prima, e prima di quelli di dopo... leggermente".

Rainer Maria Rilke, dalle Elegie Duinesi

Davvero le diresti soglie queste parti di mondo - qualsiasi sia il giardino, il parco, la stanza - dove le figure di Ruggero Savinio, di questo sottilissimo confidente dei sortilegi della pittura, si rifugiano. sostano, e semplicemente stanno. Con quale discrezione occupano lo spazio assegnatogli, sempre sul punto di andarsene - voci che già si soffocano e si ritraggono - ora dalla porta aperta sul fondo, ora di là dalla cornice, dove per poco si appoggiavano.
 
Quasi scolpite, scoronate di ogni lineamento e dettaglio superfluo, rivolte verso il lato più moderno e scuro della classicità, come fu per Marées e Sironi, sature dell'indecifrabile destino che le riflette, esse. gettano una nota di eroismo 'fattosi opaco e senza lustro sopra paesaggi ancora innocenti, spalancati davanti a noi proprio come al seguito di certi incantamenti. Quasi che calcolassero in disparte la misura del proprio isolamento. O si sentissero vanificate nell'attimo stesso del loro apparire, e ne provassero pena. Non so quale rimorso. Aggiungo che la malinconia che spira sopra queste opere, controcanto all'energia, agli infiniti flash di colore e al burrascoso splendore clic esse emanano, riguarda anche noi quando assi stiamo al farsi e al disfarsi di simili meraviglie visive: terre evocate che continuamente ci sfuggono, cui non apparteniamo. Così che se il loro fervore intenzionalmente spettacolare (che specchia ricordi di Vuillard, Bonnard, Munch. Moreau, Redon, Bacon. in una costellazione di riferimento utile a un pittore sfuggente a qualsiasi definizione, e il cui talento non è mai sopraffatto dalla cultura che lo nutre) è simile a quello di illuminazioni, di chiaroveggenze, esse dissimulano appena la malagrazia di nostalgie acute, trafiggenti.

Di rincalzo capita poi di pensare che tanta bellezza perseguita senza remore nasconda, simile a un segreto, una passione per la verità, per ciò che è necessario e non è mai facile, refrattaria alla semplice sensualità. Irresponsabile dell'assediante frequenza delle sue visioni - insorgere contro i nostri stessi sogni non si può - Savinio si è da sempre emancipato dal nitore. dalla cosiddetta stesura ben fatta, dalla certezza dei profili, moltiplicando le proprie possibilità di ricevere le immagini. In questo pittore la lucidità è un portato del caos. Il giacere nel mezzo, tra l'attesa e il
disinganno, tra la volontà di forma e quella del suo disfacimento, ha assunto per lui l'aspetto di una disciplina. Paradossale estasi controllata, metodica. Se guardi con attenzione i quadri, li vedi, anzi credi di vederli sfaldarsicai margini, tanto che ogni volta l'occhio è costretto a riportarsi verso il centro e, semmai ce ne fosse uno, al cuore generatore del dipinto. Luce e ombra stingono contagiandosi reciprocamente. Traboccando riversano sostanze e proprietà l'una nell'altra: la luce concedendo all'ombra una specie di ardimento, l'ombra alla luce la dolorosa memoria dei fondi.

Marco Di Capua

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